Siamo la Nyumba Ali, "casa con le ali" in lingua swahili, una giovane associazione nata a Bologna e cresciuta sulle fondamenta di una casa famiglia costruita a Iringa nel sud della Tanzania.

2009 - Quarto Trimestre

2009 - Quarto Trimestre

26 dicembre

Il nostro anniversario di nozze . Siamo andati in un ristorante indiano molto chic : tovaglia di cotone, vere posate, bicchieri di vetro e vista superba sulla città . Il quotidiano diluvio ci ha obbligati ad abbandonare la veranda con vista panoramica, all’interno l’ambiente era confortevole e di gusto. Ageni e Mage si guardavano attorno, Viki era indifferente a tutto se non ad arraffare il cibo nei piatti altrui approfittando di momentanee distrazioni. I padroni del locale hanno offerto il pranzo alle ragazze . E’ la prima volta che, fuori casa, troviamo una solidarietà così concreta.
E voi ? avete già archiviate le feste natalizie e ripreso il correre quotidiano? State già soffrendo di nostalgia per i giorni non scanditi da orari ?
Se le cercate le feste sono ancora dentro di voi.
Un abbraccio

Bruna

25 dicembre

"Natale con i tuoi" e i nostri sono gli amici che sono rimasti a Iringa . Messa a Mgongo e poi grande tavolata in palestra, miscuglio di cibi, di colori e di lingue. Menù: pollo e patatine (da asporto…), insalata di pomodori, torrone e la torta di riso cucinata da Ageni, vino, bevande varie, caffè.
Per tutta la mattina,e parte del pomeriggio, pioggia: Natale bagnato, Natale fortunato?
A tavola c’eravate tutti: le scritte "amani na upendo, peace and love, pace amore" sono state fatte per lo spettacolo di Federico in agosto: dopo l'esibizione di Federico le dade del centro e Ageni hanno cantato We shall overcome e alla fine hanno aperto lo striscione che ora arreda una parete di casa. Fa molto anni settanta, è stato un lavoro di gruppo delle ragazze che erano ospiti in agosto e per noi è bellissimo. Anni settanta o duemila? a noi non importa
Un abbraccio.

   

 24 dicembre

Possiamo osare una vigilia natalizia che ci colleghi col pensiero agli amici in Italia , con la nostra infanzia, con i nostri sogni , con il futuro africano , con l’essere umano senza altri aggettivi?

Osiamo .

 

Ingrid e Giovanni, amici e vicini di casa , sono i promotori dell’idea di fare il presepe col pongo, io e Mage mostriamo subito la nostra incapacità strutturale, ma nella casa con le ali nessuno è lasciato solo con la propria disabilità: Mage colora il pavimento della capanna ,sul quale appiccico fiorellini improbabili e alla fine ho il coraggio di modellare (verbo improprio) un cane-cavallo che rivendica il diritto di entrare nella grotta .

 

Lucio propone una vigilia coi tortellini , anzi coi cappelletti. Idea stupenda, ma chi ha mai preparato il ripieno? Dopo vari litigi su cosa mettere nel ripieno ( le nostre madri ferraresi sono di due scuole diverse di pensiero ) a decidere è ciò che troviamo al mercato .

 

Che ansia! che follia preparare a Iringa il primo ripieno della mia vita! Negli occhi immagini delle tavolate di persone intente a chiudere i cappelletti , nel cuore serenità velata di nostalgia, nelle orecchie la mia voce che teorizzava l’inutilità dell’apprendere l’arte del ripieno.
Attribuzione dei compiti : io a fare la pasta con la macchina, Lucio a tagliare e a mettere il ripieno , Giovanni e Ageni a chiudere .
Sul fornello il brodo (si’ il brodo vero con carne e pollo e odori vari ,mancava solo il sedano), i cappelletti messi a seccare in fila perché bisogna sapere quanti ne sono stati fatti . Ma perché bisogna contare i cappelletti e non, per esempio , le penne o i maccheroni ? Mistero che neppure la mia seconda vita africana ha chiarito.
I cappelletti tanzaniani, di fronte a quelli delle nostre mamme, avevano di sicuro dei difetti ma erano proprio buoni. Io mi sono beccata la “golosa”, cioè un cappelletto ripieno solo di pasta ma non ho nascosto l’infamia, ora sono in grado di sopportare l’onta.
Ingrid ha cucinato un dolce dal nome impronunciabile, una delizia di cioccolato, una tenerina da mangiare calda assieme al gelato.
Vigilia succulenta,allegra, ricca d’affetto. 

 24 dicembre

Bruna Lucio Mage Ageni Viki , le dade e i bambini del centro diurno vi augurano un Natale e un nuovo anno che abbiano il sorriso di Zawadi e Elia sull'altalenaBuon Natale 2009

Buon Natale 2009

 

Carissimi
abbiamo sperimentato una nuova strada : le ragazze sono rimaste per circa una settimana sole con dada Mpendwa mentre Lucio ed io, in Italia, incontravamo parenti e amici. Io sono poi ritornata a Iringa e Lucio si è trattenuto a Bologna . L’esperimento è riuscito, al mio ritorno tutto normale, nessun segnale di regressione, la casa ha retto senza la nostra presenza ; il centro è stato chiuso perché è prematuro affidarlo completamente alle dade .
Domani sera Lucio tornerà a Iringa e la quotidianità riprenderà i suoi ritmi .

Venerdì al cancello Rosamunda , gonna e maglietta pulite, ai piedi una valigetta tutta rotta. E'  la sorella di Ageni, quella che le assomiglia in modo impressionante, quella che, come Ageni, ha terminato la scuola primaria . Un sussurro, un racconto che non capisco, e non è un problema di lingua: è partita dal villaggio per andare a Mbeya, città dove vivono degli zii presso i quali starà presumibilmente per molti anni. Deve prendere la corriera, ma non sa dove andare e non ha il numero di telefono dello zio. ”Neanche io“ e il cervello elabora rapidamente soluzioni che si riveleranno tutte inadeguate . Ageni ha il numero di cellulare dello zio, telefonata che Rosamunda non capisce, sempre con gli occhi a terra e bisbigli incomprensibili; interviene Ageni, parla con lo zio e il programma è chiarissimo : Rosamunda deve andare all’incrocio con la 

strada che porta al villaggio natio, fermarsi a dormire a casa di un certo Focas e l’indomani prendere il bus per Mbeya .
E come raggiungerà il villaggio ?
Guardo questo piccolo scricciolo spaurito e so che non sarò capace di mandarla via; io vedo una bimba, gli altri una donna capace di badare a se stessa e ai fratelli .
Carico la tribù in auto e parto per l’incrocio fatidico; durante la strada Rosamunda parla in continuazione con la sorella, vocina acuta e sicura, entrambe ridono e si raccontano storie sui fratelli.  Ora Rosamunda non è spaventata, nonostante la vicinanza con la terribile donna bianca con cui vive la sorella . Mi godo le risate, colgo brandelli di racconti, ma poi i lavori in corso e soste estenuanti prendono il sopravvento. Raggiungiamo l’incrocio : tre baracche, una adibita a spaccio
d’alcool, donne e uomini che ci tempestano di domande, ma Focas dov’è? Racconti di abusi, storie di bambine sfruttate affollano la mia mente, è una bambina-no, è una ragazza-no, è già una donna- è una bambina…
L’affido ad una donna (il vecchio vizio di credere che le donne siano sempre migliori), cincischio sotto sguardi che non so interpretare e finalmente arriva Focas, berretto giallo calato a coprire la fronte. Oddio non mi fido! Telefoniamo allo zio, lo facciamo parlare con Focas, mi riprendo, saluto tutti e salgo in macchina, ma prima devo pagare il tributo al villaggio: portare in città due “professori” della scuola . Ageni è tranquilla . Al ritorno mi racconta tutti i pettegolezzi della sorella, mentre i due ospiti tentano invano di strappare informazioni utili a Mage e a Viki .
Che abisso tra Rosamunda che attraversa da sola la Tanzania, sbattuta tra un focas e l’altro e le nostre tredicenni! Un dubbio mi tormenta : Rosamunda era certa di trovarci in casa e che l’avremmo aiutata? Lo zio le ha detto di venire da noi? E se non fossimo stati in casa?
Dubbi di chi non perde l’abitudine di riflettere sul passato, sul presente e sul futuro.
Sabato Ageni ha telefonato agli zii; Rosamunda era giunta sana e salva .

Ancora storie di famiglia : sempre venerdì ho scoperto che Ageni ha un fratello grande che guida il camion assieme allo zio di Mbeya; chissà quando riusciremo a conoscere il numero esatto dei fratelli e la composizione reale della famiglia, tra zie e zii che ogni tanto appaiono sulla scena io mi perdo e mi sento sempre ai margini, comparsa involontaria di una rappresentazione in una lingua sconosciuta . Forse sto recitando la parte della scema del villaggio e credo di recitare la parte della maestra o dell’ospite .

Tra viaggi in Italia e giornate piuttosto impegnate, mi sono dimenticata di raccontarvi che mama Stevin è tornata a Iringa con suo figlio : nel villaggio c’era troppo freddo, Stevin stava male e così lei è tornata, ospite dell’ennesimo parente . E’ anche già andata a Dar per un controllo : il bambino nei limiti della sua malattia sta bene .
Questi bambini vivono con la morte sempre in agguato.
Oggi è morta Juliet , una bimba di poco più di un anno , è stata da noi per un po’, è andata a Dar , l’abbiamo seguita finchè ci è stato possibile , poi la mamma ha smesso di venire nel centro e noi non siamo andati a cercarla . Non possiamo obbligare nessuno ad essere aiutato e quando una mamma è riluttante a seguire il figlio, o mostra disinteresse, noi non possiamo far altro che aspettare un po’ e poi far posto a chi è in lista d’attesa . E’ accaduto così per Juliet. Sotto il diluvio , col fango che impediva una camminata dignitosa sono andata assieme ad Ageni a portare le condoglianze alla famiglia , che dico alla mamma perché il padre di Juliet da tempo se ne è andato coi soldi della moglie a studiare al nord…

Sono finalmente stati pubblicati i risultati degli esami dell’ultimo anno della primaria : Ageni è stata promossa e accettata in una delle tre scuole statali che aveva indicato come scelta . Per precauzione l’avevamo iscritta in una scuola privata e aveva già passato l’esame d’ammissione , ma ora che c’è la possibilità di una scuola pubblica semigratuita pensiamo che si debba tentare. Domani andremo a visitarla e a prendere tutte le istruzioni del caso. Sono stati promossi meno del 50% degli studenti , ma anche se tutti avessero preso il minimo dove avrebbero potuto andare? I posti semigratuiti sono definiti una volta per tutte, mi ricorda un po’  l’italica proposta di dare la patente di bravo professore a un numero di docenti stabilito per legge …
Confesso di temere l’ingresso di Ageni nella secondaria , so che non riuscirò a tacere quando l’insegnante di matematica sosterrà che l’area del triangolo isoscele si trova moltiplicando lato per lato e poi dividendo per due, so che mi verrà mal di fegato , so che non accetterò definizioni sbagliate e l’uso del bastone come prassi didattica quotidiana , so che non riuscirò a fingere rispetto per gli insegnanti , so che combinerò dei guai .

Un abbraccio a tutti
Bruna

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