Siamo la Nyumba Ali, "casa con le ali" in lingua swahili, una giovane associazione nata a Bologna e cresciuta sulle fondamenta di una casa famiglia costruita a Iringa nel sud della Tanzania.

2019 - Tutto l'anno

2019 - Tutto l'anno

No one left behind

5 Dicembre

Il progetto che Nyumba Ali sta realizzando insieme ad IBO, storica Onlus di Farrara. La Nostra Paola, project manager del progetto, ci spiega le attività, gli obbiettivi e l'impatto del progetto sui beneficiari e sulla comunità locale.

https://youtu.be/k6soROwA0Xc

Pio e gli esami di quarta

5 Novembre

Le immagini di un altro immesno traguardo raggiunto: Pio a Tanangozi durante le prove nazionali degli esami di stato della classe quarta della scuola primaria. Lo assiste Sakira.

Rinnovamenti

24 Ottobre

Carissimi,

vi scrivo per rendervi partecipi, tramite le immagini, dello splendido risultato ottenuto in seguito alla ristrutturazione dei centri di Wilolesi e Ngome: sono state riverniciate le pareti della palestra di Wilolesi, di tutta la casa (cancello e muri di recinzione), della scuoletta e della casetta di Ngome dove ora vivono 5 bimbi e 2 dade.. sono stati rinnovati tutti i pavimenti delle strutture, in giardino sono stati piantati fiori bellissimi ed è stata costruita una griglia che possa raccogliere l'acqua piovana senza causare danni.

E.... fiore all'occhiello, la piccola cucina esterna è stata trasformata in un'aula studio/computer: attualmente studiano Pio (che a novembre sosterrà gli esami di quarta elementare) e Sara, ma può contenere "postazioni" per 4 bimbi.

Insomma, con nuovi colori vivaci e grandi pulizie, la Casa con le Ali vola ancora più in alto! 

Un ringraziamento speciale a Claudio e al Baba Lucio. 

Karibuni sana, vi aspettiamo per vedere dal vivo le nuove trasformazioni! 

Paola

 Iringa e la Nyumba attraverso gli occhi di Silvia

10 Settembre

Le Donne Di Iringa

E’ difficile vedere una giovane donna senza un bambino sulla schiena. Le donne lavorano col bambino sulla schiena, sanno come portarlo, lo fanno da quando avevano pochi anni, un fratellino o una sorellina da portare c’è sempre. La schiena è bella eretta, le donne imparano presto a portare pesi: acqua, sacchi di riso, caschi di banane. Non è difficile incontrare le studentesse in divisa che portano sulla testa secchi di acqua a scuola. Le donne durante il lavoro dondolano il loro corpo per cullare il bambino, ma agiscono con una scioltezza come se quei 4,6,8 kili sulla schiena non ci fossero. Quando è il momento dell’allattamento, con un gesto rapido e preciso fanno scivolare il bambino davanti, mantenendolo sempre all’interno del grande rettangolo di tessuto multitasking. In Tanzania si chiama khanga e si utilizza come gonna, come “marsupio” per i bambini, come “coprimarsupio”, come foulard per coprire la testa. Le khanga in Tanzania costano pochissimo, hanno dei colori stupendi (se chiudo gli occhi e penso alla Tanzania, la prima cosa che vedo sono i colori dei vestiti delle donne), sono lunghe 1mx1.50m   e alla base è stampato un proverbio della tradizione tanzaniana. Non mi stanco di guardare le donne portare il loro bambino, poi rido, non appena il pensiero torna in Italia, con la “scoperta” della fascia e le lezioni impartite alle mamme trentenni per imparare ad usarla. Qui a otto anni (purtroppo l’età è quella), una bambina sa come piegare la schiena, metterci sopra il fratellino e avvolgerlo nella khanga. Quante cose dobbiamo insegnarci a vicenda?

La donna lavora e alleva i figli, ma lavorano anche i padri: lo squilibrio di genere c’è, ma non così pesante come in altre parti del mondo. Come si legge nell’articolo pubblicato da un giornale locale pochi giorni fa, la Tanzania è avanti in questo ambito, ma c’è ancora molto da fare. Ogni donna in media ha 5 figli, ciononostante il presidente della Tanzania le ha esortante a farne di più. Le donne vittime di abusi e violenze che rimangono incinte, vengono espulse dal villaggio e rinnegate dalla famiglia. La percentuale di persone affette da HIV è maggiore per le donne che per gli uomini. Tuttavia, le donne gravide riescono ad accedere alle cure che permettono di far nascere bambini non infettati dal virus. Diverso è per l’assistenza al parto, ancora moto scarsa, per cui la probabilità di gravi problemi per il nascituro è alta. Kwa heri (arrivderci) sorridenti donne della Tanzania, grazie per quello che mi avete dato, un grazie speciale a Regina che mi ha insegnato a fare il riso pilau.

Storie Di Bambini

Nei giorni in cui ero a Iringa, è arrivata alla Nyumba una nonna con suo nipote, tetraspastico, e un suo giovane zio. Hanno visto alla TV la storia di Zawadi, hanno capito che il nostro centro accoglie bambini disabili e se possibile li fa studiare. La nonna abita a 500km da Iringa, è venuta fin qui a supplicare di accogliere Rodney, che è in grado di imparare, ma dove abita non ci sono possibilità. Osserviamo Rodney per due giorni: ha due occhi grandi e tristi, è spaurito, ma un poco alla volta accetta di giocare e di interagire con le dade. Trova il modo per costruire torri con i grandi mattoncini Lego, indica correttamente i colori, risponde a tono. Il centro è strapieno, ma come rispedire al mittente un bambino così? Già il secondo giorno gli occhi di Rodney sono meno spaventati, la bocca si allarga a un sorriso, dalla sua testa si vede spuntare un fumetto: “Voglio restare qui”. Complice del cambiamento anche l’accoglienza da parte di Maria, che riesce a controllare i piedi. Alla Nyumba ali hanno predisposto per lei un seggiolone alto, in modo che i suoi piedi possano muoversi sulla tavola. Alla scuoletta della Nyumba, Maria ha imparato l’alfabeto e scrive afferrando con il piede le lettere scritte sui cartoncini per comporre le parole. Guardate nel filmato la straordinaria alchimia della solidarietà: Maria, che a fine attività ha il compito di riporre in una scatola le tessere con i disegni, ha deciso di condividere il lavoro con Rodney. Lei che non può muovere le mani consegna le tessere a Rodney, il quale, potendo muovere una sola mano, le inserisce nella scatola.

Rodney verrà al centro diurno della Nyumba ali. Lo zio abiterà con lui e lo accudirà in una casetta a Iringa

E Poi C’èpio, Con Le Sue Risate

Pio ha 12 anni, è affetto da tetraparesi spastica. Il suo corpo non gli obbedisce, ma la sua testa sì. Scrive utilizzando una tastiera speciale, con i tasti grandi e ben separati fra loro, in modo che il dito, faticosamente guidato fra uno spasmo e l’altro possa battere un singolo tasto. Questo sforzo a me pare immenso, ma non scalfisce invece Pio, che ad ogni errore (tasto sbagliato, lettera ripetuta più volte….) cancella e riprende finché la parola cercata viene scritta correttamente. Pio studia kiswhaili, matematica, inglese, storia e geografia. Quest’anno dovrebbe sostenere gli esami di quarta elementare: se il destino gli mandasse un volontario dall’Italia per qualche mese a supportare il suo percorso forse ce la potrebbe fare. Pio quasi non parla, si capisce ben poco di quello che prova ad esprimere, ma impara in fretta, ha tanta voglia di conoscere, ride di gusto quando scopre qualcosa di nuovo, è spiritoso. “I am a dog” ha scritto sul computer l’altro giorno per scherzare, e giù risate. E poi è commovente: qualche giorno fa, durate la nostra quotidiana “lezione” di inglese, un gruppetto di ragazzi portoghesi ha fatto visita al centro. Dopo aver pazientemente mostrato cosa fa e come riesce a scrivere al computer, di sua iniziativa si è messo a battere sulla tastiera: “Welcome in Tanzania”. Trascorrendo con lui qualche mattina, ho saputo che non sa cos’è un oceano, ma ha visto il Kilimangiaro, che il suo cibo preferito è riso e fagioli, che fa colazione con il riso e che abbiamo una cosa in comune: compiamo gli anni quando fa freddo: io in gennaio e lui in giugno.
Ogni mattina, Pio viene portato sulle spalle dal fratello all’appuntamento con il pullmino della Nyumba ali. I genitori non ci sono più, ma la sua nonna, grazie alla Nyumba, ha imparato a voler bene e a comunicare con questo nipote speciale.
La Nyumba ali (“La casa con le ali”) ha anche trovato il modo di far fare ippoterapia ai bambini in grado di affrontarla: Pio è uno di questi, quindi ogni venerdì viene accompagnato ad una passeggiata a cavallo. Fra le acacie africane, sul suo cavallo, anche lui può camminare guardando il mondo dall’alto.

Due Storie Belle
Mentre oggi il destino a breve termine dell'Italia dipende dal voto sulla geniale piattaforma Rousseau (chissà come lui si intristirebbe di vedere tale baggianata portare il suo nome) da parte di un misero capannello di italiani digitali, mentre a destra si continua ad indicare l'immigrato come capro espiatorio di qualunque male affligga la nostra terra, mentre a sinistra ci si continua a schifare dei compromessi invocando una purezza così pura da essere ridicola, mi piace pensare agli italiani che, silenziosamente, costruiscono un mondo migliore.

STORIA 1: Adolfina, cuoca sopraffina.
Siamo ancora a Iringa, città nel cuore della Tanzania. Andiamo a conoscere Suor Adolfina, di anni 88, piemontese. Da decenni a Iringa, accoglie ragazze orfane e a loro insegna un mestiere, quello di cuoca. Nell'arco di due anni, le ragazze studiano alcune materie di base (inglese, matematica, igiene..) e imparano a cucinare ricette italiane: tagliatelle, agnolotti, biscotti, composte, passata di pomodoro. Le ragazze impastano, farciscono, cuociono. Il cibo prodotto ( e che buono!!) viene venduto a chi passa dalla loro cucina. Finito il corso, le ragazze trovano subito lavoro: in case private, negli alberghi, nelle missioni. Impara un'arte e mettila da parte.

STORIA 2
E' noto che l'AIDS falcia vite, soprattutto in Africa, perché l'assistenza sanitaria è estremamente fragile. All'appello manca una generazione di genitori, che hanno lasciato figli orfani che oggi hanno dai 10 ai 30 anni. In alcune aree le cose sono migliorate, laddove vi sono ambulatori, medicine, opere di sensibilizzazione. Uno di questi ambulatori è stato allestito a Iringa dalla comunità di Sant'Egidio. Il personale locale (due medici, una farmacista, un magazziniere, due tecnici di laboratorio,3 segretarie) riesce ad assistere un'ottantina di persone al giorno. Gli ammalati vengono visitati, a loro vengono consegnate medicine e, quando necessario, cibo (nel magazzino ci sono sacchi di zucchero, riso, fagioli). Il tutto sotto la regia italiana.

Il racconto di Erica al ritorno dalla Tanzania

3 Settembre

Al mio rientro in Italia mi è stato chiesto di scrivere qualcosa riguardo la mia esperienza presso la Nyumba Ali. Ammetto di essermi presa tempo per rifletterci su, racchiudere in una pagina di computer le emozioni, i volti, i racconti, le sensazioni e gli odori di tre mesi ad Iringa non è affatto semplice.

Ho incontrato l’associazione per la prima volta durante un mio breve precedente viaggio ed a distanza di poco più di un anno ho deciso di scrivere la tesi di laurea sulla disabilità in Tanzania, più nello specifico ad Iringa, e dell’importanza del lavoro della Nyumba Ali in questo ambito. Quando ho deciso di partire mi sono sentita dire più volte che avevo molto coraggio ad intraprendere un viaggio del genere, ma io tutto questo coraggio non lo percepivo affatto, la vivevo più che altro come una necessità, la voglia e il bisogno di cambiare casa, di allargare il panorama visto dalla finestra, incontrare nuovi vicini, conoscerne la storia e le abitudini.

La fine del mio corso di laurea e la stesura della tesi hanno coinciso con la proposta di partire e toccare con mano tutto ciò che avevo studiato e di cui avevo scritto. Trascorrere questi mesi presso i centri diurni dell’associazione mi ha permesso di rivalutare da una prospettiva diversa il mio lavoro di educatrice, mettendo da parte tutte le trafile arzigogolate e burocratiche dietro le quali ci siamo trincerati e tornando ad un contatto più diretto e profondo con le persone con le quali si interagisce e con il contesto nel quale si lavora, rendendolo non più cornice ma parte integrante dell’azione.

Quando sono arrivata alla Nyumba Ali per i centri era un periodo particolare data l’assenza per maternità di tre dade. Avevo perciò poco tempo a disposizione per adattarmi, farmi conoscere e far si che le dade ed i bambini mi vivessero come una risorsa su cui potersi appoggiare e da coinvolgere.

Le prime giornate sono state un misto di diffidenze, sguardi e prove, ma ben presto la natura comunitaria e di condivisione hanno preso il sopravvento creando un ambiente positivo e coinvolgente, la conoscenza base della lingua è stata d’aiuto per comunicare con tutti quanti.

Credo siano centri riabilitativi anche per noi che vi approdiamo per periodi più o meno lunghi, per svegliarci dal torpore nel quale siamo abituati a vivere, un continuo dover assistere alla sofferenza e non poter fare nulla, presso la Nyumba Ali, invece, tutti nel nostro piccolo abbiamo la possibilità di dare qualcosa e apportare modifiche positive per coloro con cui lavoriamo.Certamente la presenza ad Iringa durante la mia permanenza della referente di progetto Paola e della collega educatrice Veronica è stata di enorme aiuto sia nella parte lavorativa che nella parte esterna di vita quotidiana per poter affrontare insieme gioie e dolori dell’esperienza. Di questa esperienza sarò sempre grata a Bruna e Lucio per avermi permesso di viverla e a famiglia ed amici per l’appoggio che non mi hanno mai fatto mancare. Perché è vero che ero io in prima persona a star vivendo tutto ciò ma senza una buona rete di supporto tutto diventa più ostico e difficile, soprattutto nei momenti di sconforto e difficoltà che hanno comunque fatto parte di questi mesi.

“L’unica regola di un viaggio è di non tornare come sei partito, torna diverso”.

Erica

Ritorno a Iringa

13 Agosto

Carissimi siamo in Tanzania: Ageni fa il tirocinio di tesi presso il laboratorio Dream della Comunità di Sant’Egidio ad Usa River (Arusha), Lucio, Viki ed io siamo nella casa di Iringa con i “nostri“ bambini.

Mage per problemi burocratici legati alla sua adozione, è rimasta in Italia, è a Pianaccio (B0) con i suoi amici della Casa della Carità.

Abbiamo ritrovato le abitudini e i ritmi della Nyumba Ali, incontrato nuovi ospiti, rivisti i “ vecchi”, ci simo commossi nel vedere Sara usare il computer di Zawadi, Pio prepararsi all’esame di quarta e Maria comporre parole usando i piedi per spostare letterine su un supporto magnetico; nel karakana (laboratorio) si producono collane e braccialetti di stoffa che non sfigurerebbero in un negozio etnico.

Con noi Marisa, la MWALIMU (maestra) per eccellenza, l’unica vera mwalimu della Nyumba Ali alla quale, come ben sapete, dobbiamo scuoletta e karakana. Domenica è arrivata Cecilia, una giovane volontaria che continua la tradizione degli educatori volontari che aiutano i nostri studenti speciali ad affrontare gli esami.

Domani arriveranno Silvia e Marco e festeggeremo il decennale della nostra amicizia africana; siamo felici di essere di nuovo a casa, anche se solo per un mese.

Un abbraccio con tante foto.

Bruna       

Aggiornamento da Iringa

19 Maggio

Un quarto di percorso: un buon momento per fare un punto della situazione dopo tre mesi trascorsi alla Nyumba, e altri nove che mi aspettano all’orizzonte. Anche se per me non sono stati i primi tre mesi in assoluto qui, ripartire è sempre una nuova sfida, soprattutto perché gli obiettivi della partenza sono sempre un po’ diversi.

Ho trovato una situazione stabile ai centri, tendenzialmente invariata: questo senso di equilibrio puo’ essere letto sotto due aspetti: uno positivo, perché vuol dire che la Nyumba c’è e regge bene anche senza wazungu, l’altro più negativo, perché non si muove più di troppo, e inciampa putroppo nei soliti stessi errori, che fanno perdere a volte fiducia nel personale, che lavora con noi e per noi da anni. Dopo riunioni, confronti e qualche arrabbiatura, eccoci però di nuovo a lavorare insieme come squdra compatta. A Wilolesi i bimbi della palestra sono piccoli e vivaci, in scuoletta i bambini che imparano a leggere e scrivere sono sempre di più, nella palestra di Ngome il tempo trascorre tra esercizi e giochi, al Karakana si fabbriccano quadernetti e segnalibri coloratissimi; Pio studia per sostenere ad ottobre gli esami di quarta elementare, Zawadi è ormai a metà del secondo anno delle scuole superiori.

Le piccole novità degli ultimi mesi ad Iringa racchiudono l’arrivo di una neuropsichiatra tedesca che ci aiuta tra visite, diagnosi e incontri con i genitori, la ricongiunzione del network tra associazioni che lavorano con la disabilità in città, l’elezione di Adam a presidente dell’Associazione dei Disabili dell’intera regione di Iringa, le nuove cartelle e il database dei bimbi, l’associazione dei genitori che cerca pian piano di portare a termine piccoli progetti intrapresi. In questi mesi sono stata fortunatamente affiancata da due educatrici, Erica e Veronica, che hanno fatto del loro meglio per supplire la mancanza temporanea di ben tre dade in congedo di maternità; hanno insegnato inglese e matematica a Pio, ravvivato i pomeriggi nei centri, supportato le maestre, riempito i muri delle strutture con cartelloni educativi, foto e piccole opere d’arte realizzate insieme ai bimbi. Un gruppo di vacanze solidali è al momento qui in casa, gli ospiti ci aiutano tra cucina italiana, scampagnate e sfide serali di burraco.

Tante cose sono cambiate negli ultimi anni, ma la cosa che ancora ci caratterizza sono le porte sempre aperte della Casa: chi passa per un caffè, per una sosta, per un paio di giorni, per un po’ di turismo, per dare una mano, per fare un saluto: in controtendenza all’aria di chiusura del mondo, la Nyumba apre con gioia a piccoli e grandi.
Sono quasi tutti in partenza, accompagnare amici e volontari a prendere il bus per Dar fa mette sempre addosso un sentimento di malinconia, ma tra i nuovi e vecchi amici qui ad Iringa e l’affetto/sostegno che è sempre costante dall’Italia, la squadra nuovamente ricompattata è pronta ad affrontare i prossimi mesi, lanciata verso nuove sfide e nuove gioie.

Paola

Zawadi e la Nyumba ali al telegiornale

27 Febbraio

La Tanzanian Broadcasting Corporation (TBC), rete nazionale della Tanzania di proprietà del governo, ha dedicato un lungo servizio a Zawadi Msigala. L'inviata è andata nel centro della Nyumba Ali a Iringa a intervistare Adam, il responsabile del centro e nella casa familiare per parlare con Rose, la mamma di Zawadi.

La troupe televisiva si è poi spostata a Ilamba nella scuola gestita dalle suore della Consolata dove studia Zawadi: intervista al direttore della scuola, a Zawadi stesso, ai compagni, visita della casa nelle quale Zawadi vive con il suo "badante".

Il servizio termina con un'intervista alla ministra della disabilità. La traduzione di Ageni non è "parola per parola" e ha l'intento di far comprendere senza appesantire la visione con troppe didascalie.

Sul cancello della Nyumba Ali a Iringa c'è scritto "passo dopo passo possiamo cambiare il mondo", questo servizio televisivo è un grande passo.

https://youtu.be/gYxktXDQYL4